UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLE VOCAZIONI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Don Tonino Bello, accompagnatore vocazionale

  La vocazione è evocazione   Per illustrare  il tema  che mi è stato  affidato  riprendo un  breve scritto  di don Tonino sulla vocazione  e ripropongo, in forma  di de­ calogo, alcune  sue espressioni  più celebri tratte,  in modo  particolare, dalle sue Lettere ai catechisti1   A buon diritto, questo  testo  può  essere inteso come un […]
30 Agosto 2018

 

  1. La vocazione è evocazione

 

Per illustrare  il tema  che mi è stato  affidato  riprendo un  breve scritto  di don Tonino sulla vocazione  e ripropongo, in forma  di de­ calogo, alcune  sue espressioni  più celebri tratte,  in modo  particolare, dalle sue Lettere ai catechisti1   A buon diritto, questo  testo  può  essere inteso come un vademecum per i catechisti e gli animatori vocazionali.

Il testo  sulla vocazione  ha  un  titolo significativo:  «Ha scritto "t'a­mo" sulla roccia"

 L'espressione  è ripresa da una  canzone  molto  nota ai tempi  di don Tonino  e di facile impatto emotivo.  In una semplice composizione poetica egli richiama  una molteplicità di aspetti e di di­mensioni.

Per certi versi si potrebbe dire che, in poche parole, disegna un piccolo trattato sul significato e il valore della vita come vocazione.La vocazione è  una  evocazione, una creazione  dal nulla,  un atto  d'amore creativo  e personale. La vocazione è una generazione d'amore.

La vocazione è un  amore  personale;un  amore  tenero che  mostra  effettivamente quanto «gli stai a cuore}}; un amore concreto perché  «in una turba sterminata di gente,  risuona un nome: il tuo}}; un amore inti­mo,  anche  se gridato  «davanti ai microfoni della storia  a te sembra solo nel segreto  del cuore; un amore misterioso perché  Dio «forse l'ha segnato di notte. Nella tua notte. La vocazione prospetta una missione, apre una strada,  indica  un cammino, affida un  compito non delegabile. Affidando  una missio­ne,  Dio fa una  "scommessa sulla  tua povertà", sulla tua  debolezza. Dio si fida di te, nonostante le tue fragilità.  Anzi, proprio  per le tue debolezze.  Allora  apparirà in  modo  più  chiaro  che  a sostenere e dirigere la tua vita è la sua potenza, la sua forza divina che si mani­festa nella tua debolezza  umana. La tua vocazione  sarà l'impasto tra la cedevolezza  della sabbia  e la durezza  della roccia.  Forte  e fragile, insieme. La chiamata di Dio suscita  la meraviglia, propone il valore  del servizio, sostiene  la capacità  di sognare e di guardare in avanti,  ver­so un futuro diverso da quel presente spesso grave  e ingovernabile, che rattrista l'esistenza. Soprattutto invita  alla festa.  A questa  festa un  posto  privilegiato  è riservato a  coloro  che  sono  normalmente esclusi dalla gioia di vivere.

La vocazione è una  chiamata a  espandere la vita,  perché  tutti siano  restituiti alla gioia di far festa.

  1. Il decalogo dell'accompagnatore vocazionale

Alla luce di queste  considerazioni, si comprende il motivo per il quale  don Tonino  giudica il compito  dell'accompagnatore  vocazio­nale  un impegno non  «facile, ma addirittura imbarazzante}}3 .

L'accompagnatore vocazionale deve  mettersi a servizio  dell'ini­ziativa  creatrice  di Dio. Il suo compito  sarà efficace se egli praticherà la "pedagogia della soglia". Don Tonino  esorta  fraternamente gli operatori in campo  educa­tivo e vocazionale con queste  parole:  sostate  «sul portone della loro coscienza,  senza  invaderla. Mettetevi, perciò,  accanto  a loro,  senza prevaricare. Aiutateli con discrezione a costruirsi  sul progetto van­gelo, ma  con i materiali afferenti che la storia  e la vita prepongono, un valido sistema  di significati,  una  coerente scala di valori,  un ap­prezzabile  quadro di riferimento, attorno a cui giocarsi la libertà. E infine,  è necessario attrezzarsi di un grande entusiasmo. Che poi, in ultima analisi,  è consuetudine con  Gesù  Cristo.

2.1 L'accompagnatore vocazionale è una persona estatica

La pedagogia  della soglia fa dell'animatore una  persona  estatica. Uno che al mattino sogna ad occhi aperti. Ha la capacità  di guardare la realtà  come un fanciullo, in modo  trasognato. Mai si adegua alla ripetizione di ciò che già si è fatto,  né si rassicura  con quanto è già stato  visto. L'atteggiamento estatico  nasce  dal primato dato  alla contempla­zione,  dalla struggente nostalgia  di scrutare il mistero di Dio, pre­senza  ineffabile  eppure vicina,  mettendosi in ascolto di ogni suo sussurro, bruciando dal desiderio  di fissare gli occhi su di lui. La contemplazione non astrae  dal mondo. Al contrario, immette più profondamente nelle  dinamiche della  storia  perché  guarda  gli av­venimenti con gli occhi purificati  dalla luce  divina.  Non è una  fuga nell'intimità, non  innalza barriere e steccati  con il mondo esterno, isolandosi dal contesto degli uomini. La vera contemplazione, men

tre instaura un  rapporto più profondo con Dio, crea legami  più veri con gli altri  uomini. Contemplare è mettersi alla ricerca  di Dio per comprendere in modo  più pieno  il valore  di ogni persona e di ogni realtà creata Allora chi contempla avrà  «la forza di trascinare (l'al­tro)  sui crinali  della prassi, perché  non  sono  mai sterili le provoca­zioni di chi ha fissato il roveto  ardente L'animatore è chiamato a educare allo stupore senza  il quale  è difficile l'incontro con Dio. L'accompagnatore vocazionale che subirà il fascino di questa  po­tente  seduzione assaporerà fino in fondo  l'ebbrezza dell'amore.  Al­lora «l'urto del contatto esperienziale con Gesù provocherà prima o poi uno  squarcio nella nostra  vita, e la colata di grazia, fuoriuscendo con  prepotenza da questa  diga, allargherà necessariamente le fian­cate della storia, anzi della cronaca,  perfino  della cronaca  nera.  Pre­ghiera  e azione,  cioè, si coniugheranno a tal punto in voi e faranno tanta  sintesi armonica, che tutta la vostra vita sarà la dimostrazione vivente di come amare Dio non  significa diffidare  del mondo

 

2.2  L'accompagnatore vocazionale vive con passione

Il vero  accompagnatore vocazionale è una  persona appassiona­ ta.  Non  misura le cose con  il bilancino. Non avvicina gli altri  con freddezza  e calcolo matematico. Non cerca il proprio  interesse e il proprio  tornaconto. Ma arde  di passione,  ha sete  di Dio e degli uo­ mini.  «Fati divina» e «pati humana» è uno  dei grandi aforismi lanciati da don Tonino  e, insieme, il filo conduttore della sua esistenza,  una sorta  di sintesi spirituale di tutta  la sua  esperienza umana, cristiana e ministeriale •  Pati è parola  che  sta  per sofferenza, ma  anche  per passione,  desiderio,  tormento. Un roveto ardente, un fuoco  che di­vampa  e che brucia.  Vivere  vuol  dire  patire le cose divine e, insieme, com-patire con Dio e come Dio. È appassionarsi e soffrire  le cose di Dio e, con lo stesso ardore, commuoversi, prendere parte alle vicende dell'uomo. Vivere  vuol   dire   patire le cose  divine e, insieme, com-patire con Dio e come Dio. È ap­passionarsi e soffrire  le  cose  di Dio e,  con lo  stesso  ardore,  commuoversi, prendere parte alle vicende  dell'uomo. Essere di par­te non vuol dire escludere,  ma essere-per­ qualcuno, appassionatamente. Don Tonino richiamerà più volte  il significato del com­patire,  del sentirsi  attratti dall'amore per Dio che, insieme e senza possibilità  di separazione, è amore  per  gli ultimi,  per  i poveri,  per tutti  coloro che rivivono nella loro carne la passione  del Signore . L'accompagnatore vocazionale vive  la "passione" per Dio e per l'uomo; un'esistenza eucaristica vissuta  nella  carne  e nel  sangue, offerta nel silenzio  e nella dedizione di un servizio  che non conosce soste, non  si risparmia e supera ogni ostacolo  e ogni barriera.

In questo stile di vita  è possibile comprendere che l'Eucaristia è il centro e la radice  del "pati divina" e che questa  divina  passione  si esprime  come "pati humana", come compassione per l'uomo.

 

2.3 L'accompagnatore vocazionale mette le ali  alla vita

L'animatore appassionato è una  persona che arde  dal desiderio di dare slancio  alla vita, intimamente convinto che la vita cristiana consiste  in una  "ginnastica del desiderio"n.  Ciò che si desidera non lo si vede già realizzato, ma è una meta a cui ardentemente si aspira. Si tratta di dilatare  lo spazio del cuore,  come  quando si deve riem­piere  un  recipiente: più ampia  è la sua  capienza,  più  abbondante sarà  la possibilità  di accogliere  il contenuto. Facendoci  attendere, Dio «intensifica  il nostro desiderio,  col desiderio  dilata  l'animo e, dilatandolo, lo rende  più capace. Per essere  suscitatori di grandi  desideri  bisogna  essere  «esperti in umanità. [...] Uomini  fino in fondo. Anzi, fino  in cima.  Perché

 

essere  uomini fino  in cima, senza  fermarsi  a mezza  costa, significa non solo essere santi  come lui, ma  capire che il Calvario  è l'ultima tappa di ogni scalata. E che la croce non è la sconfitta dell'uomo, ma la vetta gloriosa di ogni carriera.

Si comprende il motivo per il quale  don  Tonino  volle  che  sul suo  stemma episcopale fosse  impressa una  croce  con  le ali.  Una croce con le ali è una  croce senza  peso. In  questa prospettiva, si può ammirare la preghiera Dammi,  Signore, un'ala di riserva   uno  dei testi  più noti  dell'ampio repertorio, scritta  per  la settima giornata della vita.  In essa, don Tonino  innalza al Signore  un canto  ricono­scente  per il dono della vita.  Vissuta insieme con Cristo,  la vita as­somiglia  al volo di un gabbiano, a un itinerario di luce  e di speran­za che  dilata  e infiamma il cuore. Vivere,  allora,  non  è trascinare la vita, strapparla, rosicchiarla, ma è abbandonarsi all'ebbrezza del vento, per  assaporare l'avventura della  libertà,  tenendosi abbrac­ciati al proprio fratello,  soprattutto a colui  che  è più in  difficoltà, per  aiutarlo a volare  e compiere insieme a  lui  l'avventura della propria  esistenza. La vita è fonte  di ispirazione vocazionale. Essa pone domande, suscita interrogativi, invita a cercare senza  sosta  il senso delle cose. La vita è fonte  di ispirazione vocazio­nale.  Essa pone  domande, suscita  inter­ rogativi,  invita  a  cercare  senza  sosta  il senso  delle  cose. Il reale,  il quotidiano, il feriale,  la circostanza sono  le opportu­nità  che la vita mette dinanzi per speri­mentare il mistero che  si rende  presente e per trasformare la vita in una  festa. Don Tonino non  si stanca  di esortare a giocare bene  la vita. Occorre vivere la vita senza bruciarla. Ciò sarà possibile se ci si metterà al servizio  degli altri.  Forse  questo  richiederà che si perda il sonno, il denaro, la quiete,  la salute. Ma  tutte  queste  cose non sono  la vita né la riempiono di gioia. Forse il cuore sanguinerà, ma è certo  che la passione  condurrà verso  la gioia che non  appassisce e non  inganna. E così, in  un  impeto   d'amore, don  Tonino  esorta  i giovani  ad amare  la vita:  «Vi auguro che possiate  veramente amare: amare  la vita, amare  la gente,  amare la storia, amare la geografia,  cioè la terra, a tal punto che il cuore  vi faccia male,  e ogni volta che vedrete le ignominie che si compiono

2.4 L'accompagnatore vocazionale possiede occhi penetranti

L'accompagnatore vocazionale non è un ipovedente o una perso­ na strabica. Egli è l'uomo dagli occhi penetranti. Scruta l'orizzonte più lontano, legge i segni del futuro che avanza,  scorge cose nuove, compie  un  discernimento osservando la realtà  e l'animo umano, scruta  oltre la superficie e l'immediatezza, affina  ogni giorno  la sua vista misurandola su quella di Cristo.

L'accompagnatore vocazionale deve  guardare ogni  cosa con gli "occhi  della fede" ossia con gli occhi di Cristo. Essa non genera  una visione  distaccata e parziale,  ma  profonda e globale  e proietta una luce sul mistero di Dio e dell'uomo. Il discepolo  di Cristo deve as­sumere il suo stesso modo  di vedere  e compiere un cammino dello sguardo, in cui gli occhi si abituano a vedere  in profondità

Quello che i nostri  occhi vedono, viene  depositato nel cuore.  Per poter  osservare  i segni  dell'amore di Dio e il riflesso  gioioso  della sua azione  nel mondo, occorre  purificare  il cuore  con il collirio spi­rituale  della Parola di Dio e della celebrazione eucaristica.

Gli occhi nuovi ricollocano la missione  nell'orizzonte della  gra­ tuità  e della  speranza, nella  consapevolezza di aver  ricevuto una grazia (cf Ef3,8) dalla quale sgorga un rendimento di lode al Signo­ re. Si scopre  così un  orizzonte universale, aperto alla mondialità e spinto  fino ai confini  della terra.

2.5  L'accompagnatore vocazionale ha il volto rivolto

L'animatore vocazionale dovrebbe seguire l'etica del volto. La ricerca del volto sarà il fondamentale allenamento di pace. Ricerca del volto non come maschera

2.6 L'accompagnatore vocazionale  chiama per nomel 'essere umano, per  origine, struttura e forma, un essere aperto, un "essere con".  Il volto designa l'individualità e la concretezza dell' al­tro  che  irrompe e che,  lungi da costituire un limite,  dà consistenza alla  persona. Il volto non è  chiuso in se stesso, perché se  «non è rivolto verso l'altro non è più volto»  L'accompagnatore vocazionale ha il compito di insegnare a scru­tare  i volti  perché nei  loro tratti irripetibili, inediti e originali si spa­lancano finestre aperte sul  mistero infinito. Egli deve  promuovere la contemplazione del volto dell'altro ed educare a rispettare la sua sacralità, la sua  specificità, la sua  trascendenza, non omologabile e non riducibile a numero di matricola e a codice  fiscale. Dalla  re­-sponsabilità con cui ci si mette di fronte al volto dell'altro nasceran­no il dialogo, la fraternità e il servizio.

L'etica del volto si coniuga con l'etica dei nomi propri. All'animatore don Tonino ricorda che  «nel  vocabolario di Dio non esistono nomi collettivi, [...] le  persone lui  non le ama in serie... »19 •  Per  questo l'animatore vocazionale dovrebbe avere l'agendina zeppa di nomi. Dovrebbe cioè essere capace di relazionarsi, di incontrare e ricorro-

Gli scritti di don Tonino sono pieni di nomi propri, modulati secondo uno stile narrativo e biografico. Si caratterizzano non solo per le idee, ma soprattutto per  il richiamo alle storie della gente comune.

Gli scritti  di don  Tonino sono pieni  di nomi propri, modulati secondo uno stile narrativo e biografico. Si caratterizzano non solo per le idee, ma soprattutto per il richiamo alle storie  della  gente comune. Sono il racconto della ferialità, di chi non compie   gesti  eclatanti o  propone teorie

accattivanti. Fanno risaltare la grandezza di donne e uomini ritenuti insignificati e cantano, in modo appassionato, le storie di tutti  i giorni, le vicende di persone che, agli occhi della pubblica  opinione, non  erano  ritenute degne di essere ricorda­te. Don Tonino amava  ripetere  un celebre aforisma:  «Se vuoi essere universale, parlami  del tuo villaggi . Lo stesso principio narrativo deve essere applicato  anche  quando si parla di lui. Se si intende ri­manere fedeli allo spirito che ha animato la sua vita bisogna  evitare di proporre il suo messaggio in una forma discorsiva e lasciare intatta la freschezza della narrazione biografica. In caso contrario si corre «il rischio di presentar!o ai posteri in una  cornice di serietà  e di austerità che non gli addice.

2.7 L'accompagnatore vocazionale costruisce ponti

L'accompagnatore vocazionale è un costruttore di ponti.  Il gusto pieno  della vita  gli viene  dall'incontro, da una  comunione storica­ mente esperita,  dalla  capacità  di mettersi in  rete  e  di partecipare insieme con altri alla realizzazione di un unico  progetto.

La vocazione nasce  e matura dentro la comunità. Questa  «è un transito obbligato,  una  tappa che non si può saltare. Non può essere considerata come un (optional) lasciato alla sensibilità  degli interes­sati o come  un accessorio  teso a facilitare,  con la sua  forza emotiva ed esemplare, l'accoglimento dell'invito di Dio Nella comunità si impara  a vivere  e a farsi annunciatori di pace. Ripresentata come fosse un  acrostico,  il termine pace indica,  nelle quattro lettere che la compongono, le iniziali  di altre  parole:  pre­ghiera-audacia-condivisione-esodo.

2.8 L'accompagnatore vocazionale si ispira all'ideale della perfetta letizia

L'accompagnatore vocazionale sprizza gioia  di vivere, sa che l'annuncio cristiano è sempre orientato alla  gioia, alla festa, al sorriso, alla tenerezza.

gioia: le gioie genuinamente umane che, per quanto sono  limitate, fanno  battere  il cuore  e le gioie che provengono dal cielo e portano con sé un  brivido  di eternità e di estasi. La gioia di un incontro,  la letizia di un abbraccio,  il gaudio  della contemplazione, il godimento per i brividi sovrumani dello spirito.  E infine  il giubilo, ossia il canto interiore, il gaudio  senza  parola,  o meglio,  il trasbordare del senti­mento oltre la parole.  Non riuscendo a contenere le emozioni,  esse si trasformano in un canto liberatorio, senza che apparentemente vi sia una  logica o un particolare  contenuto, ma solo il vibrare  dell'ani­ma. In ognuna di queste esperienze è sempre  possibile sperimentare la gioia pasquale  che scaturisce  dalla risurrezione del Crocifisso; una gioia vera,  che  nessuno può  togliere,  e una  gioia  piena  perché  sa integrare la sofferenza  con la speranza che non  delude,  diventando così non solo "cirenei  della croce", ma anche "cirenei della gioia".

 

2.9 L'accompagnatore vocazionale canta e danza

L'animatore vocazionale prende  a modello la Vergine  Maria  e, come  lei,  canta  e  danza.  La Vergine,  infatti,   canta  il Magnificat e cammina danzando verso  la casa della  cugina  Elisabetta.  Canta  le meraviglie che  Dio compie  nella  storia  e, nello  stesso  tempo,  fa il primo passo per mettersi a servizio della cugina  che è in procinto di partorire. Con il Magnifica(, ella si fa interprete di tutti  i poveri nello spirito  che attendono l'avvento del Regno di Dio e scrutano i segni dei tempi  per scorgere le novità  che Dio compie  nella storia.  Con il loro sguardo limpido,  essi sono  capaci di intravedere le meraviglie che Dio realizza: un capovolgimento delle situazioni, un radicale cambiamento delle sorti,  l'innalzamento dei poveri  e degli umili  e, finalmente, la soddisfazione della loro sete  di giustizia  e di pace. Il canto  del Magnificat è il modo  espressivo  per dire l'insolito e l'ine­ dito.  Cantiamo per camminare senza scoraggiarci,  protesi  alla meta finale:  la Pasqua  di Cristo.  Cantiamo per poter  sognare meglio.  Seguendo l'esempio di Maria l'accompagnatore vocazionale deve  cantare e danzare. Deve anche imparare la leggerezza del passo immergendosi dentro le "vene" della storia facciamo senza strepito perché sappiamo che il canto non è ancora fatto all'uniso­no e con il concorso  di tutti. Seguendo  l'esempio  di  Maria   l'ac­compagnatore vocazionale deve cantare e danzare. Egli deve intonare il canto  di lode per le meraviglie che Dio opera nella storia  e nel vita delle persone. Deve anche imparare la leggerezza del passo immergendosi dentro le "vene" della storia. Infatti,  «la vita, se la si riempie  diventa leggera; se la si lascia vuo­ta, diventa pesante. Tutto l'opposto delle valigie; la valigia quando è piena  è pesante. La vita, invece,  è pesante  quando è vuota

L'accompagnatore vocazionale assolve bene il suo compito  quan­do lo vive come canto e come danza,  quando cioè celebra la liturgia come gesto di carità.

2.10  L'accompagnatore vocazionale è un innamorato

L'accompagnatore vocazionale è sempre  un innamorato. L' in­namoramento è uno  stato nascente, una  nuova  condizione, che  si può  verificare  a tutte le età,  in  tutte  le persone, in  tutti  i tempi. Si può  essere  innamorati sempre. L'innamoramento è un  processo paragonabile alla conversione religiosa,  dispone  al cambiamento e alla trasformazione. L'innamoramento è un fuoco  che brucia  senza consumarsi, un roveto ardente, secondo la bella immagine del libro dell'Esodo. L'infatuazione invece  consuma, si disperde,  si dissolve. Chi non è innamorato cade in uno stato  morente: non  coglie nulla, si adagia, si adegua. Amare  vuol  dire  disporsi  a  ricevere  una  nuova  rivelazione.  Per questo  innamorarsi significa  lasciarsi afferrare da una  realtà  inau­dita che appare all'orizzonte e attira irresistibilmente. Per essa si è disponibili  anche  ad accettare il rischio  e a sottoporsi alla prova per vagliare  la sincerità e il desiderio  di appartenere all'altro. L'innamo­ramento diventa così una  forma  di attrazione trasfigurativa,  da cui ci si lascia attrarre e sedurre. La persona innamorata non  è un  pezzo di marmo, insensibile e apatica. Al contrario, essa  è una  persona fluida,  penetrabile, abbordabile. Il Signore  può  invaderla ed  ella può lasciarsi invadere, per fondersi l'uno nell'altro.

Don Tonino  ha esortato soprattutto i sacerdoti e i giovani  a «in­namorarsi di Gesù Cristo,  come fa chi ama  perdutamente una  per­sona  e imposta tutto  il suo impegno umano e professionale su di lei, attorno a lei raccorda  le scelte della sua vita,  rettifica i progetti,  col-

Don Tonino ha esortato soprattutto i sacerdoti e i giovani a «innamorarsi di Gesù  Cristo, come fa chi ama perdutamente una persona e imposta tutto il suo impegno umano e professionale su di lei,

attorno a lei raccorda le scelte della sua vita, rettifica i progetti, coltiva  gli interessi, adatta i gusti, corregge i difetti, modifica il suo carattere, sempre in funzione della  sintonia con lei. Per  innamorarsi non  basta   vedere l'amato,  bisogna   anche   toccare   il suo corpo, gustare la sua  presenza,  sentire il profumo che si spande dalla sua anima. Non si tratta di esporre  una  "teoria" su Gesù. Si tratta  soprattutto di fare  un'e­sperienza tangibile  e personale di lui.

Per questo  don  Tonino  esorta:  «Non abbiate  paura  di riscaldarvi. Papini dice­va: "Quando sarete  vecchi  vi scalderete alla cenere della brace  che  è divampata nella vostra  giovinezza. Allora, quando sarete  vecchi,  andrete a tro­vare  qualche pezzo di carbone rovente dell'incendio che è divam­pato alla vostra  età. Vi rimarrà solo quel carboncino e vi scalderete a  quello".  Non abbiate  paura  quindi  di innamorarvi adesso,  di in­cantarvi adesso, di essere stupiti  adesso, di entusiasmarvi adesso.

2017

4

di Angiuli Vito

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