Il racconto lucano dei due discepoli di Emrnaus (Le 24,13-35) rappresenta un'icona fondamentale del cammino di appartenenza alla Chiesa. Dal dramma della divisione prodotta dallo scandalo della morte di Cristo si passa alla gioia della testimonianza del Risorto e alla missione ecclesiale del Vangelo. È significativo quanto afferma Papa Francesco nella Evangelii gaudium:
«Proprio in questa epoca, e anche là dove sono un "piccolo gregge" (Le 12,32), i discepoli del Signore sono chiamati a vive re come comunità che sia sale della terra e luce del mondo (cf Mt 5,13-16 ). Sono chiamati a dare testimonianza di una appartenenza. È importante la sottolineatura secondo cui i discepoli «sono evangelizzatrice in maniera sempre nuova. Non lasciamoci rubare la comunità! chiamati a vivere come comunità. La comunità nel senso più au tentico del termine è «Convocazione da parte di Dio>> (eb.: qahal; gr.: ekklesf a ) che interpella ogni battezzato, chiamato a vivere l'univer sale vocazione alla santità. Il racconto di Emrnaus porta in sé l'esito di questa "chiamata di Dio" e ricorda che la finalità del cammino di fede consiste nel condividere la sua appartenenza nell'esercizio di una speranza che non tramonta. Ripercorriamo in chiave vocazionale la vicenda umana e spirituale dei due discepoli di Emmaus, attualizzando il messaggio spirituale per il contesto odierno.
Il noto episodio di Le 24,13-35 fa da cerniera a tutta l'opera lucana perché è collocato tra la conclusione del racconto evangelico e l'inizio della vita della Chiesa narrata negli Atti degli Apostoli. Dobbiamo vedervi una vera e propria catechesi della prima comunità cristiana, centrata sulla "riscoperta" della persona/missione di Cristo, nel contesto della celebrazione eucaristica e dell'ascolto delle Scritture. Il brano è attraversato dal motivo centrale del "cammino". Infatti la caratteristica dell'architettura teologica lucana è data dalla linearità geografica e dal tema del"camminare": il cammino di Gesù verso il proprio destino e il compimento pasquale della salvezza in Gerusalemme. Tale linearità riflette l'esigenza di mostrare la gradualità del ministero di Gesù da Israele verso tutte le genti (2,29- 32; 4,16-30), mediante un'apertura e una partecipazione universale alla salvezza rivolta a tutti, che potrà realizzarsi solo dopo la sua risurrezione, a partire dall'ascensione (At 1,6-11) 3 .
L'idea del cammino comporta in sé una connotazione topografica e temporale: sul piano topografico la tappa iniziale dell' evangelizzazione è la Galilea, quella centrale è Gerusalemme, mentre il punto di arrivo è costituito dagli «estremi confini della terra}); sul piano temporale l'inizio del ministero di Gesù in Galilea (Le 4,14-15 .31) si collega con l'inizio della predicazione apostolica in Gerusalemme (Le 24,47; At 1,8), il tempo del ministero di Gesù fa da spartiacque tra l'antico tempo di Israele e il nuovo tempo della Chiesa.
L'evangelista presenta la predicazione apostolica come il compimento della promessa fatta dal Padre, annunciata da Gesù e da lui stesso realizzata mediante l'effusione dello Spirito negli "ultimi giorni" (Le 24,49; At 1,4.6-7). Dal racconto di Emmaus emerge il dinamismo del cammino e della riscoperta dell'appartenenza ecclesiale. Soprattutto emerge il motivo della "familiarità con Gesù" . Tale familiarità segna il passaggio dalla delusione alla illuminazione, dalla solitudine alla comunione, dallo smarrimento al ritrovamento, dalla chiusura all'apertura missionaria. Questo dinamismo avviene in una "giornata particolare" descritta in Le 24, definito il capitolo della "giornata senza tramonto", perché l'incontro con il Risorto costituisce un'esperienza di luce e di vita che "risveglia" quanti sono immersi nelle tenebre della tristezza e del disincanto.
Il nostro testo evoca il motivo comune nella tradizione biblica composto da un'apparizione seguita da una rivelazione che si chiude con la scomparsa dell'angelo (o del personaggio divino). È il caso dell'episodio di Abramo alle querce di Mamre (Gen 18,1-15), dell'annuncio della nascita di Sansone ai suoi genitori (Gde 13) e dell'awenturosa esperienza di Tobia accompagnato misteriosamente dall'angelo Raffaele (Tb 5,4; 12,6-22). La peculiarità del brano lucano è data dall'incontro con il Cristo risorto e tale esperienza è una graduale scoperta che culmina nell'atto di fede e nel riconoscimento del Risorto al momento del dono eucaristico.
A un diverso livello interpretativo il racconto sembra contene re un'intenzionalità pedagogica rivolta ai credenti della seconda generazione cristiana che non hanno avuto il privilegio della pre senza fisica di Gesù. Essi sono chiamati a vivere il cammino pasquale imparando a "riconoscere" la presenza di Cristo nell'ascolto della Parola e nella condivisione dell'Eucaristia.
Questa dinamica è autenticamente vocazionale, testimoniale e missionaria. L'analisi strutturale della pagina lucana evidenzia una costruzione simmetrica, che segue un duplice movimento: il primo è rappresentato dalla fuga e dall'allontanamento, il secondo dal ritorno a Gerusalemme. Il lettore può scorgere facilmente una serie di movimenti descritti nel testo: da Gerusalemme, con la tristezza nel cuore i due discepoli vanno verso Emmaus (vv. 13-24); l'incontro sulla strada del ritorno diventa annuncio-rivelazione (vv. 25-27); l'accoglienza dei due discepoli nella loro dimora e la Cena eucaristica (vv. 28-31) che diventa memoria e scoperta del Risorto (v. 32); il ritorno a Gerusalemme e l'annuncio della risurrezione (vv. 33-35).
Si possono individuare tre tappe così tematizatate in delusione illuminazione l missione.
Delusione
In primo luogo c'è la "delusione". Dopo la scena della tomba vuota e l'incredulità degli apostoli (vv. 1-12), due discepoli rientrano nella loro casa «con il volto triste>> (v. 17), conversando e discutendo di quanto era accaduto. Essi sentono con profonda delusione la lontananza e il ricordo di Gesù e delle sue parole. Ai vv. 15-16 viene presentato il viandante che "cammina" insieme a loro, ma essi non lo riconoscono. Il dialogo tra Gesù e i due discepoli consente al lettore di cogliere la sintesi degli avvenimenti pasquali, a cui manca però l'annuncio della risurrezione. L'ironia narrativa tocca il culmine al v. 21: «Noi speravamo che fosse Lui a liberare Israele... », in quanto il discepolo che parla "a nome di tutti", non sa di avere davanti proprio colui a cui si riferisce. La cronaca "nera" sembra dominare il crepuscolo dei tre viandanti. È simbolo dell'immagine ambigua che stende la sua ombra sull'odierna condizione del mondo.
Illuminazione
La seconda tappa è rappresentata dalla "illuminazione". Mentre i due discepoli fanno silenzio, lo sconosciuto pellegrino rivolge loro la "parola", risvegliando il loro cuore indurito e rattristato. Lari sposta del Signore nei vv. 25-27 diventa una "catechesi" che muo ve l'intimo dei due discepoli, definiti «stolti e lenti di cuore nel cre dere» (v. 25). Gesù apre il loro cuore all'intelligenza della Scrittura e spiega le profezie che si riferivano a Lui. Il v. 26 («Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze?») è fondamentale per capire il nesso tra passione e risurrezione. Il cammino sulla strada di casa diventa così "cammino di fede" e la casa all'orizzonte è simbolo della Chiesa. Lo sconosciuto parla di sé, rendendosi sempre più "amico e familiare" dei due discepoli. Essi lo sentono "vicino", compagno nel cammino di fede, a tal punto da insistere perché rimanga con loro: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino>> (v. 2 9). Gesù decide di fermarsi dopo aver fatto la strada insieme: egli non è più straniero, ma la sua Parola si è fatta vicina ai due testimoni, che gli aprono le porte della casa e gli offrono da mangiare. Al v. 30 si descrive la cena con gli stessi verbi eucaristici della cena pasquale: «Prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro». Di fronte a questi gesti i discepoli vengono illuminati e finalmente lo riconoscono, ma egli scompare dalla loro vista (v. 31).
Missione
La terza tappa del racconto è costituita dalla "missione". Nel v.32 dobbiamo vedere una svolta fondamentale: l'incontro con il Risorto diventa "memoria" e testimonianza. I due discepoli, illuminati dalla Parola e sostenuti dall'Eucaristia, finalmente riconoscono la sua presenza, mentre il Cristo scompare, dopo aver attivato il dinamismo dell' appartenenza. I discepoli si sentono spinti ad uscire dalla casa. La missione diventa così uno straordinario processo di ri- edificazione di un'appartenenza nuova, fondata sulla Parola letta in prospettiva cristologica e sul dono del suo corpo e del suo sangue. Essi oramai non cercano più Colui che è morto, ma testimoniano il Crocifisso Risorto. Il senso del ritorno a Gerusalemme indica la riscoperta di un'appartenenza. Al v. 34 l'anuncio agli Undici racchiude la formula del kérygna: «ll Signore è veramente risorto ed è apparso a Simone». Al v. 3 5 segue la testimoniarrza che edifica la comunità e la rende solida e unità.
Gerusalemme-Emmaus: andata e ritorno
Il cammino dei due discepoli è segnato da due luoghi: il cenacolo di Gerusalemme e la dimora di Emmaus. I Vangeli raccontano delle apparizioni in quella stessa sera nel Cenacolo di Gerusalemme (cf Mc 16,14; Le 24,36-43; Gv 20,19-23) e contestualmente descrivono l'esperienza del Risorto che entra anche nella casa dei due viandanti. Mentre gli undici sono chiusi all'interno