La narrazione dell'atto con cui Gesù lava i piedi ai discepoli, la cosiddetta "lavanda dei piedi", prende il posto, nel quarto Vangelo, del racconto dell'istituzione eucaristica presente nei sinottici. Le parole «Vi ho dato un esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi)) (Gv 13,15) si sostituiscono al «fate questo in memoria di me>> (Le 22,19), che invita a ripetere il gesto del pane spezzato e condiviso e del vino versato e bevuto da tutti. Il senso dell'Eucaristia, gesto di Gesù che, quale Servo del Signore, si dispone a dare la vita per le moltitudini (Mc 10,45; 14,24; Mt 26,28; Le 22,20) e significa questa donazione spezzando il pane e versando il vino nel pasto comunionale, viene vissuto esistenzialmente e dunque inverato, quando diventa prassi di concreto servizio fraterno esemplato sull'atto di lavare i piedi che Gesù compie. Il servizio cultuale e liturgico (il rito eucaristico) trova la sua verità nel servirsi gli uni gli altri nella comunità cristiana. Il servizio al Dio che non si vede è autenticato dal servizio al fratello e alla sorella che invece vediamo (cf lGv 4,20: «Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede>>). Potremmo dire che «il servizio fraterno all'interno della comunità è in certo qual modo la res del sacramento.