UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLE VOCAZIONI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Pregare con il cuore e con la vita

Udienza del Santo Padre ai partecipanti al convegno, 5 Gennaio 2017
13 Giugno 2018

Discorso del Santo  Padre Francesco, proposto a braccio ai partecipanti al Convegno, giovedì 5 gennaio  2017

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Ho  preparato questo discorso [mostra quello scritto]: sono cin­que pagine. È troppo presto per addormentarsi un'altra volta! Così io lo consegnerò al Segretario Generale e cercherò di dirvi quello che mi viene in mente, quello che mi viene da dire ... Lei  [si  rivolge a Mons. Galantino]  poi lo fa conoscere... Quando Mons. Galantino ha incominciato a parlare [nel suo sa­luto al Santo Padre] e ha detto il motto dell'incontro, «Alzati! ... >>, mi è venuto in mente quando questa parola è stata detta a Pietro, in carcere, è stata  detta  dall'angelo: «Alzati!» (A t 12, 7) . Lui non capiva nulla. « Prendi il mantello... » . E non sapeva se sognava, se non sognava.  Seguimi. E  le  porte si  aprirono, e Pietro si  ritrovò sulla strada. Lì si accorse che era realtà, che non era un sogno: era l'angelo di  Dio e l'aveva liberato. «Alzati!», gli  aveva detto. E lui si alzò, di fretta, e se ne andò. E  dove vado? Vado dove sicuramente c'è la  comunità cristiana. E davvero è andato in una casa di cristia­ni, dove tutti pregavano per lui. La   preghiera... Bussa alla porta, esce la domestica, lo guarda...  e invece di  aprire la porta torna indietro. E Pietro, spaventato perché c'era la guardia lì, che girava per la  città. E lei: «Va',  c'è Pietro!))- «No, Pietro è in carcere!>>- «No,  è il fantasma di Pietro» - «No, c'è Pietro, è Pietro!». E Pietro bussava, bussava... Quell'«Alzati! è stato fermato per il timore, per la scioc­chezza  ma, non sappiamo  di una persona. Credo che  si chiamasse...  [Rodé]. È un complesso, il complesso di  quelli che per paura, per mancanza di sicurezza preferiscono chiudere le porte.

Io  mi domando quanti giovani, ragazzi e  ragazze, oggi sentono nel loro cuore quell'«Alzati!), e  quanti - preti, consacrati, suore chiudono le porte. E loro finiscono in frustrazione. Avevano sen­tito l'«Alzati!», e bussavano alla porta... «Sì,  sì, stiamo pregando) - «SÌ,  adesso non si può, stiamo pregando». Fra parentesi, qualcuno, quando ha saputo che venivo da  voi a parlare sulle vocazioni, ha detto: «Dica loro che preghino  per le vocazioni, invece di fare tanti convegni!». Non so se  sia  vero, ma pregare ci vuole, però pregare con la  porta aperta! Con la porta aperta. Perché soltanto accontentarsi di fare un convegno, senza assicurarsi che  le  porte siano aperte, non serve. E  le porte si aprono con la  preghiera, la  buona volontà, il rischio. Rischiare con i giovani. Gesù ci ha detto che il primo metodo per avere vocazioni è  la  preghiera, e non tutti sono convinti di  questo. «Io  prego... sì,  io  prego, tutti i  giorni un Padre N astro per le vocazioni» . Cioè, pago la tassa. No,  la preghiera che esce dal  cuore! La preghiera che fa  che il Signore dica più volte quell'«Alzati!»: «Alzati! Sii libero, sii libera! Alzati, ti voglio con me. Seguimi. Vieni da me e vedrai dove abito. Alzati!». Ma con le  porte chiuse, nessuno può entrare dal  Signore. E le  chiavi delle porte le abbiamo noi. Non solo Pietro, no, no. Tutti!

Aprire le  porte perché possano entrare nelle chiese. Ho  saputo di alcune diocesi, nel mondo, che  sono state benedette di vocazio­ni. Parlando con i vescovi [ho chiesto]: «Che cosa avete fatto?». Prima di  tutto, una lettera del  vescovo, ogni mese, alle persone che volevano pregare per le  vocazioni: le  vecchiette, gli  ammalati,  gli sposi. .. Una lettera ogni mese, con un pensiero spirituale, con un sussidio, per accompagnare la  preghiera. I vescovi devono accompagnare la preghiera, la  preghiera della comunità. Bisogna cercare un modo... Questo è un modo che quei vescovi- tre o quattro che ho sentito- hanno trovato. Ma tante volte i vescovi sono impegnati, ci sono tante cose... Sì, sì, ma non bisogna dimenticare che il primo compito dei  vescovi è la  preghiera! Il secondo compito l'annuncio del  Vangelo. E questo non lo dicono i teologi, questo è stato detto dagli Apostoli, quando ebbero quella piccola rivoluzione in cui  tanti cristiani si  lamentavano  perché le  vedove non  erano ben curate, perché gli Apostoli non avevano tempo; allora hanno "inventato" i diaconi, perché si occupassero delle vedove, degli orfani, dei  pove­ri..Noi,  in questa Chiesa di Roma abbiamo un bravo diacono, ab­biamo avuto Lorenzo, che ha dato la sua vita; si occupava di queste cose... E  alla fine dell'annuncio, quando annuncia alla comunità cristiana, Pietro dice: «E  a  noi tocca la  preghiera e  l'annuncio del Vangelo>>  (cf A t 6,4). Ma qualcuno può dirmi: «Padre, lei sta  parlan­do alla nuora perché senta la  suocera?>>. Sì,  è vero. La  prima cosa è pregare, è  questo che Gesù ci ha detto: «Pregate per  le  vocazio­ni. Io potrei fare il piano pastorale più  grande, l'organizzazione più perfetta, ma senza il lievito della preghiera sarà pane azzimo. Non avrà forza. Pregare è la  prima cosa. E la  comunità cristiana, quella notte nella quale Pietro bussava alla porta, era in preghiera. Dice  il testo: «Tutta la  Chiesa pregava per lui)  (cf  At 12,5). Era in preghiera. E quando si prega il Signore ascolta  sempre, sempre! Ma  pregare non come i pappagalli. Pregare con il cuore, con la vita, con tutto, con il desiderio che que­sto che io sto chiedendo si faccia. Prega­re per le vocazioni.

Pensate se  voi  potete fare una cosa del  genere, come hanno fat­to questi vescovi, che   è gente umile: «Tu  prendi questo impegno, tutti i giorni fai  qualche preghiera); e alimentare questo impegno, sempre. Oggi un libretto, il mese prossimo una lettera, poi un'im­maginetta ..., ma che si  sentano  collegati in preghiera, perché la preghiera di  tutti fa  tanta forza. Lo  dice il  Signore stesso. Poi,   la porta aperta. È da  piangere quando tu vai in parrocchia, in alcune parrocchie... E fra  parentesi voglio dire che i parroci italiani sono bravi! Sto parlando in genere, ma questa è una testimonianza che  voglio dare: mai ho visto in altre diocesi, nella mia patria, in altre diocesi, organizzazioni fatte dai parroci così forti come qui. Pen­sate al volontariato: in Italia il volontariato è una cosa che non si vede altrove. È una cosa grande! E chi l'ha fatta? I parroci. I parroci di  campagna, che servono uno, due, tre paesini, vanno, vengono, conoscono i nomi di tutti, anche dei cani. .. I  parroci. Poi, l' orato­rio nelle parrocchie italiane: è un'istituzione forte! E  chi  l'ha fatto, questo? I parroci! I parroci sono bravi. Ma alcune volte - e parlo di  tutto il  mondo -si va in parrocchia e  si  trova una scritta sulla porta: «Il  parroco riceve lunedì, giovedì, venerdì dalle 15 alle 16 >>;oppure: «Si   confessa da questa a questa ora». Queste porte aper­te... Quante volte- e sto parlando della mia diocesi precedente  - quante volte ci  sono le segretarie, donne  consacrate, a ricevere la gente. La porta è aperta, ma la segretaria fa  loro vedere i denti e la gente scappa! Ci  vuole accoglienza. Per avere vocazioni è necessaria l'accoglienza. È  la casa nella quale si  accoglie.

E  parlando  dei giovani, accoglienza ai giovani. Questa è  una terza cosa un po' difficile. I giovani stancano,  perché hanno sem­pre un'idea, fanno rumore, fanno questo, fanno quell'altro ... E poi vengono: «Ma, vorrei parlare con te ... »  - «Sì,   vieni>>.  E  le stesse domande, gli  stessi problemi: «Io te l'ho  detto... >>.   Stancano.  Se vogliamo vocazioni: porta aperta, preghiera e  stare inchiodati alla sedia per ascoltare i giovani. " Sono fantasiosi!"

Benedetto il Signore! A  te toc­ca  farli "atterrare".  Ascoltarli: l'apostolato dell'orecchio.  «Vogliono confessarsi, ma confessano sempre le stesse cose» - «An­che tu, quando eri giovane, ti sei dimenticato? Ti sei dimenticata?». La  pazienza: ascoltare, che si sentano a casa, accolti; che si sentano ben voluti. E  più di una volta fanno ragazzate: grazie a Dio, perché non sono vecchi. È importante "per­dere tempo" con i giovani. Alcune volte annoiano, perché - come dicevo - vengono  sempre  con le stesse cose; ma il  tempo è  per loro. Più che parlare loro, bisogna ascoltarli, e  dire soltanto una "goccina", una parola lì, e via, possono andare. E  questo sarà un seme che lavorerà da dentro. Ma potrà dire: «SÌ,  sono stato con il parroco, con il prete, con la  suora, con il presidente dell'Azione Cattolica, e  mi ha ascoltato come se  non avesse niente da fare). Questo i giovani lo  capiscono bene. Poi,  un'altra  cosa sui giovani: dobbiamo stare attenti a che cosa cercano, perché i giovani cambiano con i tempi. Ai miei tempi c'e­ra la  moda delle riunioni:  «Oggi parleremo  dell'amore), e  ognu­no preparava il tema dell'amore, si  parlava... Eravamo soddisfatti. Poi,  uscivamo da lì, andavamo allo stadio a vedere la  partita- non  c'era ancora  la   televisione  - eravamo tranquilli. Si facevano opere di  carità, visite agli  ospedali. .. tutto sistemato. Ma eravamo piuttosto "fermi", in senso fi­gurato. Oggi i giovani devono essere in  moto, i giovani devono camminare; per lavorare per le vocazioni bisogna far camminare i giovani, e  questo si fa accompagnando. L'apostolato del  camminare. E come cammi­nare, come? Fare una maratona? No!  Inventare, inventare azioni pastorali che coinvolgano i giovani, in qualcosa che faccia fare loro qualcosa: nelle vacanze andiamo una settimana a fare una missione in quel paese, o a fare aiuto sociale a quell'altro, o tutte le  settima­ne andiamo in ospedale, questo, quello...,  o a  dare da mangiare ai senzatetto nelle grandi città... ci sono... I giovani hanno bisogno  di questo e si  sentono Chiesa quando fanno questo. Anche i giovani che non si confessano, forse, o non fanno la Comunione, ma si sen­tono Chiesa. Poi,  si confesseranno, poi,  faranno la  Comunione; ma  tu, mettili in cammino. E  camminando, il Signore parla, il Signore chiama. E vie­ne un'idea: dobbiamo fare questo...; io voglio fare ...; e si coinvolgono nei pro­blemi altrui. Giovani in cammino, non fermi. I  giovani fermi, che hanno  tutto sicuro ... sono giovani in pensione! E ce ne sono tanti, oggi! Giovani che  hanno tutto assicu­rato: sono pensionati della vita. Studiano, avranno una professione, ma il cuore è già  chiuso. E sono pensionati. Dunque, camminare, camminare con loro, farli camminare, farli andare. E nel cammino trovano domande, domande a cui  è  difficile rispondere! Io  vi  confesso, quando ho fatto le visite in alcuni Paesi o anche qui in Italia, in alcune città, di  solito faccio una riunione o un pranzo con un gruppo di  giovani. Le  domande che ti  fanno, in quei momenti, ti fanno tremare, perché tu non sai  come rispondere... Perché sono inquieti [in senso positivo: sono in ricerca], e questa inquietudine  è una grazia di Dio,  è una grazia di Dio. Tu  non puoi fermare l' inquie­tudine. Diranno stupidaggini, a volte, ma sono inquieti, e  questo  è ciò  che  conta. E questa inquietudine è necessario farla camminare.  «Alzati!. La   porta aperta. La  preghiera. La  vicinanza a  loro, ascoltarli.  «Ma sono noiosi!... ". Ascoltarli, farli camminare,  farli andare,  con proposte  da "fare". Loro capi­scono meglio il linguaggio delle mani  che  quello della testa o quello del  cuore; capiscano il fare: capiscono bene! Pensano così,  ma capiscono, fanno bene se  tu dai  loro da  fare. Capiscono  bene: hanno una capacità di  giudicare acuta; dobbiamo sistemare un po' la testa, ma questo viene, viene con il tempo.

E  infine, l'ultima cosa che mi viene in mente  per la  pastorale vocazionale, è la  testimonianza. Un ragazzo, una ragazza, è vero che sente la  chiamata del Signore, ma la  chiamata è sempre con­creta, e  almeno la maggioranza delle volte è: «<o vorrei diventare come quella o  come quello)). Sono le  nostre testimonianze quello che attirano i  giovani. Testimonianze dei   preti bravi, delle suore brave. Una volta è andata una suora a  parlare in un collegio- era una superiora, credo una madre generale, in un altro Paese, non qui- ha riunito- questo è storico -la comunità educativa di  quel collegio di  suore, e  questa madre generale invece di  parlare della sfida dell'educazione, dei  giovani che si stanno educando, di  tutte queste cose, incominciò a dire: «Noi dobbiamo pregare per la  ca­nonizzazione della nostra madre fondatrice)), e  ha passato più   di mezz'ora parlando della madre fondatrice, che si  deve fare questo, chiedere il miracolo...  Ma la  comunità educativa, i  professori, le professoresse [pensavano]: «Ma perché ci dice queste cose, mentre noi abbiamo bisogno di  altro ... Sì,  questo sta  bene, che sia  beati­ficata e  canonizzata, ma noi abbiamo bisogno di  un altro messag­gio. Alla fine, una delle professoresse -brava,  era brava questa, l'ho conosciuta- disse: «Madre, posso dire una cosa?»- «SÌ»- La vostra madre non sarà mai canonizzata - «Ma perché?» - «Eh, perché sicuramente è  in purgatorio» - «Ma non dire queste cose! Perché dici  questo?»- «Per avere fondato voi. Perché se  tu che sei la generale sei  tanto - diciamo - sciocca, per non dire di  più, la tua madre generale non ha saputo formarvi». Non è così? È la testimonianza: che vedano in voi vivere quello che predicate. Quello che vi  ha portato a diventare preti, suore, anche laici che lavorano con forza nella Casa del  Signore. E non gente che cerca sicurezza, che chiude le  porte, che spaventa gli  altri, che parla di  cose che non interessano, che annoiano i giovani, che non hanno tempo...  «SÌ, sì,  ma sono un po' di fretta ... »  No.  Ci  vuole una testimonianza grande! Non so,  questo è quello che mi è scoppiato nel cuore a partire da quell'«Alzati!» che ho sentito dire da Mons. Galantina, dal  motto del  vostro incontro. E ho parlato di quello che sento. E vi  ringrazio per quello che fate, vi  ringrazio per questo convegno, vi  ringrazio per le preghiere... E avanti! Che il mondo non finisce con noi, dob­biamo andare avanti. ..

Discorso ufficiale per partecipanti al Convegno

Cari fratelli e sorelle!

Al  termine del  vostro Convegno di  pastorale vocazionale, orga­nizzato dall'Ufficio della Conferenza Episcopale Italiana, sono lieto di  potervi accogliere e  incontrare.  Ringrazio Mons. Galantina per le sue cortesi parole; e mi congratulo per l'impegno con cui  portate avanti questo appuntamento annuale, nel quale si condivide la gioia della fraternità e la bellezza delle diverse vocazioni.

Davanti a noi si apre l'orizzonte e il cammino verso l'Assemblea sinodale del   2018, sul   tema "Giovani, fede e  discernimento voca­zionale". Il "sì"  totale e generoso di  una vita donata è simile ad  una sorgente  d'acqua,  nascosta  da tanto  tempo  nelle  profondità  della terra, che  attende di sgorgare e scorrere all'esterno, in un rivolo di  purezza e freschezza. I giovani oggi  hanno bisogno di  una sorgente d'acqua fresca per dissetarsi e  poi  proseguire il loro cammino di  ricerca. «l giovani hanno  il  desiderio di una  vita grande.  L'incontro con Cristo, il lasciarsi afferrare e guidare dal  suo amore allarga l'orizzonte dell'e­sistenza e  dona una speranza solida che non delude>>  (Enc. Lumen fidei, n. 53).

In questo orizzonte si colloca anche il vostro servizio, con il suo stile di annuncio e di accompagnamento vocazionale. Tale  impegno richiede passione e senso di gratuità. La passione del  coinvolgimen­to personale, nel saper prendervi cura delle vite che vi  sono conse­gnate come scrigni che racchiudono un tesoro prezioso da  custodi­re. E la  gratuità di un servizio e ministero nella Chiesa che richiede grande rispetto per coloro di  cui  vi  fate compagni di  cammino. È l'impegno di cercare la  loro felicità, e  questo va ben oltre le  vostre preferenze e  aspettative.  Faccio mie le  parole di  Papa Benedetto XVI:  «Siate seminatori  di  fiducia e  di  speranza. È infatti profondo il senso di smarrimento  che spesso vive la gioventù di oggi. Non di rado le  parole umane sono prive di  futuro e  di  prospettiva, prive anche di senso e di sapienza . [...]Eppure, questa può essere l'ora di Dio» (Discorso ai  partecipanti al  Convegno europeo sulla pastorale vocazionale, 4 luglio 2009).

Per  essere credibili ed  entrare in sintonia con i giovani, occorre privilegiare la  via dell'ascolto, il saper "perdere tempo" nell' acco­gliere le loro domande e i loro desideri. La vostra testimonianza sarà tanto più persuasiva se,   con gioia e verità, saprete raccontare la  bellezza, lo stupore  e  la meraviglia dell'essere innamorati di Dio, uomini e  donne che vivono con  gratitudi­ne la  loro scelta di  vita per aiutare altri a lasciare una  impronta  inedita  e  originale nella storia. Ciò  richiede di non essere disorientati dalle sollecitazioni esteriori, ma di affidarci alla misericordia e alla tenerezza del  Signore ravvivando la fedeltà delle nostre scelte e la freschezza del  "primo amore" (cf  Ap  2,5) .

La  priorità dell' annuncio vocazionale non è l'efficienza di quan­to facciamo, ma piuttosto l'attenzione privilegiata alla vigilanza e al discernimento. È avere uno sguardo capace di scorgere la positività negli eventi umani e spirituali che incontriamo; un cuore stupito e grato di fronte ai  doni che le  persone portano in sé,  mettendo in luce le potenzialità più  dei  limiti, il presente e il futuro in continuità col  passato.

C'è bisogno oggi   di   una  pastorale vocazionale dagli orizzonti ampi e  dal   respiro di  comunione;  capace di  leggere con coraggio la  realtà così   com'è con le  fatiche e  le  resistenze, riconoscendo i segni di generosità e  di  bellezza del  cuore umano. C'è l'urgenza di riportare dentro alle comunità cristiane una nuova "cultura voca­ zionale". «Fa parte ancora di questa cultura vocazionale la  capacità di  sognare e  desiderare in grande, quello stupore che consente di apprezzare la  bellezza e sceglierla per il suo valore intrinseco, per­ ché rende bella e vera la vita))   (Pont. Opera per le Vocazioni, Nuove vocazioni per una nuova Europa, 8 dicembre 1997, l3b).

Cari fratelli e sorelle, non stancatevi di ripetere a  voi  stessi: «lo sono una missione) e  non semplicemente: «lo  ho una missione.

«Bisogna riconoscere sé  stessi come marcati a fuoco da tale missio­ne di  illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare)) (Esort. a p.  Evangelii gaudium, n. 273) . Essere missione permanente  richiede coraggio, audacia, fantasia e voglia  di  andare oltre, di  andare più  in là. Infatti, "Alzati, va ' e non temere" è stato il­  tema del  vostro Convegno. Esso ci aiuta a fare memoria di  molte storie di  vocazione, in cui  il  Signore invita i chiamati ad  uscire da sé  per essere dono per gli  altri; ad essi  affida una missione e  li rassicura: «Non temere, perché io sono con te))  (Is 41, lO). Questa sua benedizione si fa incoraggiamento costante e appassionato per poter andare oltre le paure che  rinchiudono in sé stessi e paralizzano ogni desiderio di bene. È bello sapere che il Signore si fa  carico delle nostre  fragilità, ci rimette  in piedi per ritrovare, giorno dopo giorno, l'infinita pazienza di ricominciare.

Sentiamoci sospinti dallo Spirito Santo a individuare con corag­gio  strade nuove nell'annuncio del   Vangelo della vocazione; per essere uomini e  donne che, come sentinelle (cf  Sal  130,6), sanno cogliere le striature di luce di un'alba nuova, in una rinnovata espe­rienza di fede e  di  passione per la  Chiesa e  per il Regno di Dio. Ci spinga lo Spirito ad  essere capaci di  una pazienza amorevole, che non teme le inevitabili lentezze e resistenze del  cuore umano. Vi assicuro la mia preghiera; e voi, per favore, non dimenticatevi di  pregare per me. Grazie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2017

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di Papa Francesco