UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLE VOCAZIONI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Prendersi cura dei più deboli

Abusi sessuali e  fisici,   maltrattamenti,  adescamenti online, cy­ ber-dipendenze, ludopatie, problemi nelle relazioni familiari, malattie. Sono soltanto alcune situazioni di sofferenza al centro dell' at­tività pastorale dell'Ufficio per  le fragilità inaugurato da  pochi mesi dalla diocesi di  Noto. Prima esperienza  del  genere nel panorama della Chiesa italiana, la  struttura intende rafforzare l'impegno per la protezione […]
19 Giugno 2018

Abusi sessuali e  fisici,   maltrattamenti,  adescamenti online, cy­ ber-dipendenze, ludopatie, problemi nelle relazioni familiari, malattie. Sono soltanto alcune situazioni di sofferenza al centro dell' at­tività pastorale dell'Ufficio per  le fragilità inaugurato da  pochi mesi dalla diocesi di  Noto. Prima esperienza  del  genere nel panorama della Chiesa italiana, la  struttura intende rafforzare l'impegno per la protezione dei  minori contro ogni forma di abuso e rendere ope­rativa l'accoglienza delle fragilità umane, attraverso un percorso di accompagnamento delle persone vulnerabili. Promotore dell'inizia­tiva è il vescovo Antonio Staglianò, alla luce del Motu proprio di Papa Francesco Come una madre amorevole che invita i vescovi a  «impiega­re una particolare diligenza nel proteggere coloro che sono i più  de­ boli tra le persone loro affidate.  Benché il documento si concentri soprattutto sul  dramma della pedofilia, spiega Mons. Staglianò, ri­ chiama la responsabilità oggettiva che i vescovi hanno nei confronti della Chiesa particolare e, in alcuni passaggi, allarga l'orizzonte alle tante situazioni di  fragilità. Un  vescovo, infatti, deve mettere tutta la diocesi nella condizione di essere accogliente e deve avere a cuo­ re  le ferite di qualunque uomo bisognoso bussi alla porta».

« Anche se con la dolorosa consapevolezza  delle proprie fragilità, bisogna andare  avanti  senza darsi per vinti»  (EG 86) .

 

L'Ufficio offre assistenza spirituale  e  professionale per affrontare le  problematiche che sono poste all'attenzione degli operatori, ado­perandosi per orientare le persone verso strutture e competenze ap­propriate. Per  facilitare il  contatto è stato anche attivato l'indirizzo e-mail ufficiofragilita@diocesinoto.it e, soprattutto, non è stata pre­vista alcuna collocazione fisica all'interno  della Curia: «L'organizza­zione deve essere leggera. Vogliamo lavorare !asciandoci interpellare dalle emergenze. Non c'è un progetto con tappe scandite- precisa il vescovo -, ma la  concretizzazione di  uno sguardo di  misericordia  e di  paternità. Dobbiamo abituarci a un metodo nuovo di  relazione>>. In questo senso, l'Ufficio è più  un esploratore della misericordia che una sentinella: «La  sentinella, infatti, sviluppa un movimento cen­tripeto.

Noi  invece vogliamo andare in campo aperto. Non c'è  una stanza perché non serve: la  nostra missione è  andare laddove c'è bisogno». Tra le  finalità della struttura ci sono anche la  promozione di  opportune iniziative per l'aggiornamento del  clero e  dei  laici  in merito alla pastorale della fragilità; la  diffusione di  informazione  e l'avvio di  percorsi di  prevenzione e  di  pastorale di  prossimità nei vicariati e nelle parrocchie; la cura a livello diocesano della Giornata dei bambini vittime e di altre iniziative simili; il sostegno della ricerca scientifica e  pastorale in materia, curandone la  pubblicazione affin­ché si favorisca la divulgazione e l'acquisizione di conoscenze.

«È indispensabile prestare attenzione per essere vicini a nuove  forme di povertà e di fragilità in cui siamo chiamati a riconoscere Cristo sofferente» (EG 210).

Non sono poche le  situazioni di  difficoltà vissute sul territorio. La  diocesi di  Noto, che si  estende su due provincie e conta 98 par­occhie, ha una popolazione di  oltre 220mila abitanti per la  quasi totalità battezzati. A soffrire per la  crisi  economica sono sempre più famiglie, che in questo lembo meridionale della Sicilia vivono prin­cipalmente di  agricoltura.  «Chi produce il  pomodorino è a terra, soprattutto  per i  prezzi imposti dalla grande distribuzione. Stesso discorso vale per il  latte. Le  famiglie che hanno  vissuto un certo benessere in tempi anche recenti - racconta monsignor Staglianò adesso soffrono la  depressione economica. Da  anni abbiamo at­tiva la  mensa San Corrado per i  poveri a Noto, dove ogni giorno forniamo un pasto caldo a chi  lo domanda. Prima era frequentata da poche persone, adesso sempre più   famiglie cercano un aiuto e grazie ai volontari prepariamo tanti pacchi alimentari da  consegna­re. Neanche più  la vergogna, che prima si diceva essere un freno a quanti avrebbero voluto chiedere del  cibo, adesso è sufficiente.  La condizione economica si è deteriorata  drammaticamente. La men­sa,  nelle intenzioni del  vescovo, dovrebbe esistere perché nessuno ci debba andare a mangiare: «Vogliamo creare le condizioni perché non si  abbia bisogno di  un vitto. È  una questione che  interessa la carità cristiana, ma anche la politica. Dialogo continuamente  con il sindaco perché Noto non si può permettere il lusso di avere così  tan­ti poveri degradati, che senza un pasto caldo morirebbero di fame. Siamo nel ventunesimo secolo, nella città del  barocco, dove splende la grandiosa cattedrale che, dopo la ricostruzione, contribu­isce  ad  attirare i turisti». Ogni giorno alla porta del  vescovo bussa­no tante persone che chiedono sostegno: dalla ricerca di  un lavoro alla bolletta da pagare, dalle emergenze sanitarie agli  sfratti dalla propria abitazione: «La  crisi  economica sta  affamando il popolo cri­stiano e  le  fragilità si moltiplicano. La Chiesa deve essere in uscita anche su questo fronte. Dialogare con le amministrazioni pubbliche per intervenire sulle condizioni di  povertà a  livello sistematico.  La carità va pensata, altrimenti scade nell'elemosina. E l'elemosina co­prirà anche una moltitudine di peccati, ma non è la  carità cristiana. Il nostro cattolicesimo convenzionale, sempre meno cristiano, pur­troppo confonde i termini» .

«Tutti noi cristiani siamo chiamati a prenderei cura dei più fragili della Terra»  (EG  209).

A guidare l'Ufficio per le fragilità è stato chiamato don Fortunato Di  Noto, vicario foraneo  di  Avola e  parroco, che vanta una lunga esperienza nella difesa dell'infanzia e nella prevenzione degli abusi come fondatore di Meter onlus. «Non siamo e non vogliamo essere un ufficio investigativo o giustizialista», ci tiene subito a precisare: ll nostro è un compito pastorale. L'équipe è composta da  persone con profonda sensibilità umana ed evangelica. Avvocati, psicologi, psichiatri, assistenti sociali e  professionisti che hanno  senso della misericordia e dell'accoglienza .

Un'antica tradizione giapponese vuole che, quando un oggetto in ceramica si  rompe, lo si  ripari con l'oro perché si  è convinti che un vaso frantumato possa diventare ancora più bello di  quanto già non lo fosse in origine. La  tecnica di riparazione, che prende il nome di  Kintsugi, consiste nell'incollare i frammenti dell'oggetto con una lacca giallo-rossastra naturale e nello spolverare le  crepe con pol­ vere d'oro. «<l risultato è  strabiliante - commenta don Fortunato chi si rivolge a noi è fragile e rotto. Ma la persona è una preziosità e noi dobbiamo dare il  meglio per farla tornare a splendere più di prima)). L'Ufficio è composto in prevalenza da laici perché, spiega il direttore, «i preti devono fare i preti>). La  prevenzione e la  gestione delle segnalazioni di abusi non è  la prima competenza della strut­tura: «Quando si sente  di una diocesi che crea un Ufficio per le fra­gilità, il primo pensiero è:  "Ecco, ci sono i preti pedofili". In effetti, nessuno tiene in conto le fragilità dei sacerdoti, che non riguardano soltanto la sessualità. Ormai pensiamo che la  Chiesa sia  una multi­nazionale di pedofili. Ma noi dobbiamo dare attenzione anche alle fragilità di sacerdoti, diaconi e suore. L'Ufficio vuole orientare verso la guarigione. Non è  un lavoro terapeutico in senso stretto, ma di accompagnamento. Se  poi qualcuno si  rivolge a noi per un proble­ma di abusi sessuali, lo accogliamo e lo ascoltiamo. La  nostra porta è sempre aperta. Siamo Chiesa in uscita, per la strada e su internet. Non abbiamo mura  in cui rinchiuderei>). In caso di segnalazione di  abusi da parte di  membri del   clero, l'Ufficio avvia la procedura secondo le  normative vigenti per dare seguito al contatto: « Non ci tireremo indietro, anzi. Un vescovo non può fare tutto. Non può avere le  capacità di affrontare certe problematiche . L'Ufficio aiuterà il vescovo, che non può essere negligente ).

«Dov'è quello che stai uccidendo ogni giorno nella  piccola fabbrica  clan­destina, nella  rete della  prostituzione, nei bambini che utilizzi per l'accatto­naggio?» (EG  211) .

Rispetto al  fenomeno mafioso, osserva il vescovo Staglianò, «la nostra diocesi è  tutto sommato fortunata )). «Esistono collegamenti con i  grossi centri della mafia catanese e palermitana, ma questa terra è denominata la provincia "babba". Certo non possiamo na­scondere  che alcune problematiche  siano  ancora  radicate.  Penso al  tema dell'usura, rispetto al  quale siamo intervenuti d'intesa con la  Fondazione di  Palermo per avere una garanzia. Facciamo tutto quello che possiamo>>.

Don Di  Noto parla di  una diocesi serena, «assai piccola in con­ fronto a Milano», che però è segnata da ferite profonde: «Le fragili­ tà degli adolescenti, lo scivolamento di qualche sacerdote, la  solitu­ dine delle persone. Alcuni piccoli centri hanno  ancora il problema del  pizzo e noi siamo chiamati a farci carico di queste situazioni. Per non parlare della ludopatia, così  diffusa in questa zona. Il servizio è per il territorio, per  la  Chiesa locale». Abituato ad  andare a dormire ogni notte alle 3  e  a svegliarsi alle 6,  il  direttore parla di  sé  come di  «Un  uomo abituato a  lavorare».  «Ricordo il giorno dopo la mia ordinazione. Venne una vecchietta, mi baciò le  mani e mi disse in siciliano: "Padre, vedi che da  oggi  sei  carne venduta". In effetti è vero  conclude don Di Noto: carne venduta, mangiata, a disposi­zione degli altri. Anch'io sono un uomo ferito, con le  mie fragilità. Ma  amo la  Chiesa perché è mia madre. E i suoi figli hanno bisogno di  punti di  riferimento, oggi  più  che mai».

 

2017

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di Riccardo Benotti

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