Rubrica di Antonio Genziani.
L'Opera
Caravaggio ambienta la “Cattura di Cristo” nell’orto del Getsemani, di notte, nell’istante in cui Giuda ha appena baciato Gesù. Caravaggio è riuscito a riportare sulla tela il dramma che si sta consumando; c’è una contrapposizione tra il clima concitato dei gesti e dei movimenti delle guardie, di Giuda e di Giovanni, e la ieraticità di Gesù. In questi personaggi c’è molta violenza, invece Gesù non reagisce al male, mostra un’altra forza, quella dell’amore. Come in un’istantanea, Caravaggio è riuscito a fissare questo momento in modo mirabile e a comunicarci tutta la forza che viene da Gesù, la forza dell’amore.
In questa opera prevale il buio, quel buio che Caravaggio ritrae continuamente nelle sue tele. Forse è il buio che lo ha accompagnato nella sua esistenza e quella luce che dipinge è il suo desiderio di essere salvato, redento, perdonato. Il buio della tela inghiotte i personaggi, questa è l’ora delle tenebre, è la notte dell’oscurità, del male. Non ci resta che contemplare quest’opera.
Questa tela è una delle opere del Caravaggio più imitate. Nella seconda metà del settecento venne attribuito ad un altro artista: Gherardo delle Notti (Gerrit van Honthorst). Ha avuto molte vicissitudini, passata a diversi proprietari, ultimamente donata da una nobildonna irlandese alla comunità dei Gesuiti di Dublino dove Sergio Benedetti è riuscito a riconoscerne la mano del Caravaggio. Da qui l’appellativo di “Caravaggio ritrovato”.
Ora il quadro è esposto alla National Gallery di Dublino (dove è possibile accedere gratuitamente), dato in prestito a tempo indeterminato dai Gesuiti. Ricordo che durante la mia permanenza a Dublino sono andato più volte a “contemplare” questo quadro che è di una bellezza inaudita e aiuta molto alla preghiera.
Nel film la passione di Cristo di Mel Gibson, il regista ha rivelato di essersi ispirato a questo dipinto per la scena dell’arresto, utilizzando nella fotografia una prospettiva simile e nell’ illuminazione e disposizione delle figure.
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