UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLE VOCAZIONI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Dar da bere agli assetati

Rubrica  di Cristiano Passoni Mi chiedo che cosa veramente significhi aver sete ed essere dissetati. Quale fatto di misericordia esso racchiude? Quale esperienza di Dio? Certamente non ci è difficile ricordare qualcosa di simile, ma raggiungerne la profondità, coglierne il cuore per meglio abitarlo, non è così agevole. In qualche modo ne abbiamo l’intuizione, ma […]
26 Luglio 2016

Rubrica  di Cristiano Passoni

Mi chiedo che cosa veramente significhi aver sete ed essere dissetati. Quale fatto di misericordia esso racchiude? Quale esperienza di Dio? Certamente non ci è difficile ricordare qualcosa di simile, ma raggiungerne la profondità, coglierne il cuore per meglio abitarlo, non è così agevole. In qualche modo ne abbiamo l’intuizione, ma ad essa, però, si accompagna anche la percezione di un irritante ritardo, se non proprio di un certo svuotamento delle parole che dovrebbero esprimerla, interpretarla,  riconoscerne la sostanza.

«Che la mia sete diventi sorgente»

Di qui emerge come la misericordia sia un tema centrale anche per chi è educatore, provocando ad avere uno sguardo che non sia semplicemente normativo, ma che sia uno sguardo di compassione. «Il vero educatore è colui che è disponibile “a soffrire con” e perciò vive la compassione in maniera reale». Accompagnare i ragazzi in un periodo così difficile della loro vita e della loro crescita, significa soprattutto avere questo sguardo: «non si può pretendere di essere educatori perché facciamo eseguire un ordine, piuttosto che una misura cautelare o una normativa giuridica, no! Nei rapporti umani non basta il legalismo: molto spesso si pensa che anche il rapporto tra genitori e figli debba essere improntato alla regola, alla norma. In realtà senza disattendere questo aspetto, la norma in se stessa non ha valore fino a quando non viene inserita dentro un contesto di compassione. Si educa ad avere uno sguardo ampio sulla vita, sulla fede». È in questo sguardo ampio che si comprende l’opera del dar da bere agli assetati. Nel suo esercizio si assiste spesso commossi al generarsi di altre storie di desideri dissetati. Sete e sorgente si richiamano a vicenda, senza dimenticare di essere sempre un’invocazione. Proprio come pregava Thomas Merton in una sua poesia: «Che la mia sete diventi sorgente».