UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLE VOCAZIONI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Scheda tematica su: Credere, sperare, amare

Scheda tematica pastorale: FRANCESCO, Spes non confundit, 3
17 Settembre 2024

«In qualunque genere di vita, non si vive senza queste tre propensioni dell’anima: credere, sperare, amare» (Francesco, Spes non confundit, 3). La citazione di sant’Agostino contenuta nel testo della Bolla di Indizione del Giubileo Ordinario dell’Anno 2025 riporta l’attenzione alla radice di ogni vocazione e permette di lavorare – dal punto di vista della pastorale vocazionale – sugli itinerari di fede e di discernimento che bene si coniugano con il pellegrinaggio a Roma cui il Santo Padre invita a intraprendere come un cammino di conversione e di speranza che «ci aiuti a ritrovare la fiducia necessaria, nella Chiesa come nella società, nelle relazioni interpersonali, nei rapporti internazionali, nella promozione della dignità di ogni persona e nel rispetto del creato. La testimonianza credente, continua – la nostra vocazione, potremmo dire – possa essere nel mondo lievito di genuina speranza, annuncio di cieli nuovi e terra nuova (cf. 2Pt 3,13) dove abitare nella giustizia e nella concordia tra i popoli, protesi verso il compimento della promessa del Signore» (Francesco, Spes non confundit, 25).

Tra gli elementi caratteristici del Giubileo (cf. www.iubilaeum2025.va) di tre, in particolare è possibile riconoscere la valenza vocazionale: il pellegrinaggio, la porta, l’indulgenza.

Pellegrinaggio

«Il giubileo chiede di mettersi in cammino e di superare alcuni confini. Quando ci muoviamo, infatti, non cambiamo solamente un luogo, ma trasformiamo noi stessi. Per questo, è importante prepararsi, pianificare il tragitto e conoscere la meta. In questo senso il pellegrinaggio che caratterizza questo anno inizia prima del viaggio stesso: il suo punto di partenza è la decisione di farlo.

https://giovani.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/sites/33/2024/09/11/5.V_Sussidio_Pell.Prof_.Fede_Coraggio.pdf
L’etimologia della parola ‘pellegrinaggio’ è decisamente eloquente e ha subìto pochi slittamenti di significato. La parola, infatti, deriva dal latino per-ager che significa 'attraverso i campi’ oppure per-eger che significa ‘passaggio di frontiera’: entrambe le radici rammentano l’aspetto distintivo dell’intraprendere un viaggio. Il percorso, in realtà, si costruisce progressivamente: vi sono vari itinerari da scegliere, luoghi da scoprire; le situazioni, le catechesi, i riti e le liturgie, i compagni di viaggio permettono di arricchirsi di contenuti e prospettive nuovi. Anche la contemplazione del creato fa parte di tutto questo ed è un aiuto ad imparare che averne cura ‘è espressione essenziale della fede in Dio e dell’obbedienza alla sua volontà’ (Francesco, Lettera per il Giubileo 2025). Il pellegrinaggio è un’esperienza di conversione, di cambiamento della propria esistenza per orientarla verso la santità di Dio.

https://giovani.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/sites/33/2024/09/11/7.V_Sussidio_Pell.Prof_.Fede_Senso-e-consenso.pdf

Con essa, si fa propria anche l’esperienza di quella parte di umanità che, per vari motivi, è costretta a mettersi in viaggio per cercare un mondo migliore per sé e per la propria famiglia.» (www.iubilaeum2025.va).

Anche per quanto riguarda la scelta vocazionale il punto di partenza è la volontà di mettersi in cammino che trova la sua radice nella fede che nasce dall’ascolto della Parola (cf. Rm 10,17). «In cammino verso il Giubileo – invita ancora papa Francesco – ritorniamo alla Scrittura e sentiamo rivolte a noi queste parole: ‘Noi che abbiamo cercato rifugio in lui, abbiamo un forte incoraggiamento ad afferrarci saldamente alla speranza che ci è proposta. In essa, infatti, abbiamo come un’ancora sicura e salda per la nostra vita» (Francesco, Spes non confundit, 25). Come non sentire l’eco delle parole di Paolo che ricorda l’unica speranza alla quale siamo stati chiamati, quella della nostra vocazione (cf. Ef 4,4).

Inutile ricordare come il tema del cammino e dell’itinerario (cf. De Fiores, «Itinerario spirituale» in Nuovo Dizionario di Spiritualità) sia un elemento tradizionale della spiritualità cristiana e una prospettiva decisiva di ogni accompagnamento nel quale il progressivo consolidarsi della libertà è chiaro criterio vocazionale. Il pellegrinaggio si presenta, pertanto, come esperienza simbolica dei cammini di fede e degli itinerari vocazionali.

Dal punto di vista della proposta pastorale, l’esperienza del pellegrinaggio può essere felicemente strutturata attorno alla prima virtù cardinale: «La fede è la virtù teologale per la quale noi crediamo in Dio e a tutto ciò che egli ha detto e rivelato e che la Chiesa ci propone da credere, perché Egli è la stessa verità. Con la fede l’uomo si abbandona tutto a Dio liberamente. Per questo il credente cerca di conoscere e di fare la volontà di Dio» (Catechismo della Chiesa Cattolica, §1814). Certamente «la fede è un atto difficile di umiltà» (Bibbia di Gerusalemme, Nota a Mc 8,10) ma è sulla fede che i Padri hanno appoggiato la loro scelta: «Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità […]. Per fede Mosè lasciò l’Egitto senza temere l’ira del re […]. Per fede Raab, la prostituta, non perì con gli increduli, perché aveva accolto con benevolenza gli esploratori» (cf. Eb 11).

Nella pastorale (giovanile vocazionale) l’annuncio della Parola corrisponde a quella semina abbondante cui siamo chiamati e senza la quale non può venire il frutto desiderato (cf. Mc 4). Si tratta di non aver paura della fatica di seminare, di mostrare il legame esperienziale tra la Parola e la vita, di introdurre alla lettura delle Scritture: in questo senso, il nostro tempo di nuova evangelizzazione si presenta come occasione estremamente propizia per iniziare alla Scuola della Parola che genera la fede: è occasione di benedizione per la vita di chi già cammina nella vocazione, è balsamo e medicina per la stessa comunità chiamata a evangelizzare.

Le Assemblee del Cammino Sinodale delle Chiese in Italia che si celebreranno nell’autunno di quest’anno e nella primavera del prossimo saranno punti di riferimento decisivi.

Porta

«Dal punto di vista simbolico, la Porta Santa assume un significato particolare: è il segno più caratteristico, perché la meta è poterla varcare. La sua apertura da parte del Papa costituisce l’inizio ufficiale dell’Anno Santo. Originariamente, vi era un’unica porta, presso la Basilica di S. Giovanni in Laterano, che è la cattedrale del vescovo di Roma. Per permettere ai numerosi pellegrini di compiere il gesto, anche le altre Basiliche romane hanno offerto questa possibilità. Nel passare questa soglia, il pellegrino si ricorda del testo del capitolo 10 del vangelo secondo Giovanni: ‘Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo’. Il gesto esprime la decisione di seguire e di lasciarsi guidare da Gesù, che è il Buon Pastore. Del resto, la porta è anche passaggio che introduce all’interno di una chiesa. Per la comunità cristiana, non è solo lo spazio del sacro, al quale accostarsi con rispetto, con comportamenti e con vestiti adeguati, ma è segno della comunione che lega ogni credente a Cristo: è il luogo dell’incontro e del dialogo, della riconciliazione e della pace che attende la visita di ogni pellegrino, lo spazio della Chiesa come comunità dei fedeli. A Roma questa esperienza diventa carica di uno speciale significato, per il rimando alla memoria di S. Pietro e di S. Paolo, apostoli che hanno fondato e formato la comunità cristiana di Roma e che con i loro insegnamenti e il loro esempio sono riferimento per la Chiesa universale. Il loro sepolcro si trova qui, dove sono stati martirizzati; insieme alle catacombe, è luogo di continua ispirazione» (www.iubilaeum2025.va).

Attraversare la Porta Santa è varcare una soglia: che cosa ci attende, oltre?

https://giovani.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/sites/33/2024/09/11/9.V_Sussidio_PortaSanta_Soglia.pdf

Sostare in contemplazione di questo gesto apre grandi spazi di annuncio e accompagnamento vocazionale. Andare verso la Porta è camminare verso Cristo: là, nelle Basiliche Maggiori non è soltanto un’architettura ad attendere il pellegrino ma una persona attraverso la quale – per mezzo di Lui – è promesso il pascolo della vita eterna. «Io sono venuto perché abbiano la vita in abbondanza» (Gv 10,10).

Dal punto di vista della pastorale vocazionale è occasione per tornare a lavorare sul desiderio – che è il motore della scelta – e che si traduce – nella scelta vocazionale – nella volontà di spendere la vita per amore di qualcuno, in quel preciso luogo e insieme a quelle persone (presbiterio, comunità di vita consacrata, lavoro, educazione, famiglia, missione) che sono il concretizzarsi della promessa ricevuta e discreta all’interno della Chiesa.
https://giovani.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/sites/33/2024/09/11/11.V_Sussidio_PortaSanta_Scoperta.pdf

Il cammino vocazionale è composto da diverse porte, da alcuni passaggi attraverso soglie che vale la pena considerare nella loro giusta misura: all’inizio del cammino la scelta non è già definitiva ma la sapienza della Chiesa offre passaggi da compiere nella direzione e nel discernimento di una sempre più consolidata libertà. «Che cosa vuoi che io faccia per te?» (cf. Mc 10,51). La domanda al cieco di Gerico è rivelatrice del suo desiderio profondo: la risposta, apparentemente scontata – «Rabbunì, che io veda di nuovo» – avrebbe potuto assumere richieste ben più ordinarie se l’uomo accovacciato tra la folla e balzato in piedi non avesse creduto nella potenza della Parola del Signore. Fammi diventare ricco perché non debba più chiedere l’elemosina. Del resto, alla stessa domanda, in un altro passo del Vangelo, la madre dei figli di Zebedeo pone a Gesù una richiesta simile (cf. Mt 20,21).

«Guardando meglio, non sappiamo affatto che cosa in fondo desideriamo, che cosa vorremmo propriamente […]. Non sappiamo che cosa vorremmo veramente; non conosciamo questa vera vita e tuttavia sappiamo che deve esistere un qualcosa che noi non conosciamo e verso il quale ci sentiamo spinti» (Benedetto XVI, Spe salvi, 11). Non è questo il desiderio ancora spesso confuso di tanti giovani e adulti? Non è la ‘ricerca di senso’ di cui sentiamo crescere la domanda e che vediamo spesso orientarsi verso cisterne che non contengono acqua (Ger 2,13)?
https://giovani.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/sites/33/2024/09/11/12.V_Sussidio_PortaSanta_Gioia-piena.pdf

Oltre la Porta è possibile, inoltre, contemplare la Gerusalemme Nuova come destinazione ultima alla quale siamo chiamati, gustare la promessa delle nozze dell’Agnello e continuare a udire la voce dello Spirito e della Sposa che dicono: «Vieni!» (Ap 22,20) in questo ‘andirivieni’ – il termine greco comprende il significato sia di andare che di venire – che ricorda la promessa di Gesù a Nicodemo (cf. Gv 1,51) e invita il credente a consumare con la preghiera la soglia della porta del Tempio del Signore.

Riconciliazione

«Il giubileo è un segno di riconciliazione, perché apre un ‘tempo favorevole’ (cfr. 2Cor 6,2) per la conversione personale e comunitaria. Si mette Dio al centro della propria esistenza, muovendosi verso di Lui e riconoscendone il primato. Anche il richiamo al ripristino della giustizia sociale e al rispetto per la terra, nella Bibbia, nasce da una esigenza teologica: se Dio è il creatore dell’universo, gli si deve riconoscere priorità rispetto ad ogni realtà e rispetto agli interessi di parte. È Lui che rende santo questo anno, donando la propria santità.
https://giovani.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/sites/33/2024/09/11/13_Sussidio_Riconciliazione_Riscatto.pdf

Come ricordava papa Francesco nella bolla di indizione dell’anno santo straordinario del 2015: ‘La misericordia non è contraria alla giustizia ma esprime il comportamento di Dio verso il peccatore, offrendogli un’ulteriore possibilità per ravvedersi, convertirsi e credere […]. Questa giustizia di Dio è la misericordia concessa a tutti come grazia in forza della morte e risurrezione di Gesù Cristo. La Croce di Cristo, dunque, è il giudizio di Dio su tutti noi e sul mondo, perché ci offre la certezza dell’amore e della vita nuova’ (Misericordiae Vultus, 21). Concretamente, si tratta di vivere il sacramento della riconciliazione, di approfittare di questo tempo per riscoprire il valore della confessione e ricevere personalmente la parola del perdono di Dio. Vi sono alcune chiese giubilari che offrono con continuità questa possibilità. Puoi prepararti seguendo una traccia» (www.iubilaeum2025.va).

Oltre la porta c’è lo spazio della promessa nel quale spendere la propria vita per amore
https://giovani.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/sites/33/2024/09/11/15_Sussidio_Riconciliazione_Promessa.pdf

Questa è la missione che ogni vocazione porta con sé. La vocazione – la vita – non è mai ‘per sé’ ma sempre ‘per qualcuno’ e ‘insieme a qualcun altro’ (cf. Francesco, Christus vivit, 286). È «l’amore del Cristo che ci possiede» (2Cor 5,14) e che «ci spinge» (CEI1974).

Dal punto di vista della pastorale il tema del peccato e della riconciliazione offre molto spazio per l’annuncio vocazionale. Anzitutto, la conversione del cuore nella dimensione della lotta spirituale che trova la sua radice nel combattimento tra la paura della morte che fa sentire la tentazione di ‘salvare se stessi’ e l’esperienza della vita nuova che guadagna la certezza del riconoscersi come figli di Dio e vivere nella vita del Risorto è avventura che accompagna i passi di tutta la vita. La riconciliazione, sorella del Battesimo è eminente esperienza vocazionale di rinascita e di ripresa del cammino.

L’esperienza del peccato – insegna il cammino di fede dell’apostolo Pietro (cf. Gv 21) è occasione costante di fare esperienza della misericordia del Padre e di meravigliarsi che egli non soltanto perdona ma perdona ancora e sempre. In questo – elemento decisivo per ogni cammino spirituale e vocazionale – è possibilità di conoscere quella giusta misura di sé che è la radice dell’umiltà, di riconoscersi fatti di terra ma imbevuti dell’umore buono che rende la polvere (cf. Gen 2) humus fecondo di vita.

Da ultimo, una riflessione e un approfondimento sulla possibilità di coniugare le virtù teologali con i consigli evangelici ‘corrispondenti’. Se è vero che le virtù teologali «fondano, animano e caratterizzano l’agire morale del cristiano» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1813) e che consigli evangelici sono manifestazione della vita di Cristo nella vita dei credenti di questi ultimi possiamo trovare la radice nelle virtù. Così non è difficile notare come dalla fede nasce l’obbedienza, dalla speranza la povertà e dalla carità la castità. Su questo rimandiamo anche ai Seminari sulla direzione spirituale a servizio dell’accompagnamento vocazionale tenuti ad Assisi negli anni tra il 2019 e il 2022.