«La parola comunità evoca tutto ciò di cui sentiamo il bisogno e che ci manca per sentirci fiduciosi, tranquilli e sicuri di noi»: così scrive il sociologo Zygmunt Bauman.
Il segreto del discernimento vo- cazionale, a cui il prossimo Sinodo del 2018 chiama tutta la Chiesa, è nel ritrovare il desiderio e lo slancio di essere comunità cristiane meno assopite, più credibili e ospitali, in grado di far percepire ai giovani che possono sentirsi a casa propria.
La comunità cristiana è chiamata ad una consapevolezza da cui non può sfuggire: la ricerca del senso di vita, della personale Beatitudine evan- gelica da cercare e da vivere, non è uno sfizio, ma un cammino essen- ziale per ogni essere umano, non solo per ogni cristiano.
Non è neppure una questione di età; la ricerca di senso è una perenne inquietudine che accompagna tutta la vita. Il poeta inglese Thomas S. Eliot, nella raccolta di poemetti Four quartets, afferma: «Là dove finisci, di lì ricomincia!».
Per tornare a stare bene con noi stessi, per essere donne e uomini significativi, per una testimonianza di fede e di Chiesa credibile, per un annuncio vocazionale incisivo ed efficace, è fondamentale recuperare la dimensione di relazioni amicali e fraterne, di cammini condivisi nella comunione, di strategie non soltanto operative e funzionali, ma soprattutto esistenziali, in grado di creare ponti, alleanze e sinergie vitali.
Per essere costruttori di alleanze, occorre partire da se stessi ac cendendo il desiderio di comunione "dentro" di noi. Le cose vere della vita nascono sempre dal di dentro, perché solo nell'interiorità e nel silenzio esse possono crescere e maturare, senza forzature e manipolazioni.
A partire da questo nucleo possiamo individuare due vie concre te e operative, che sono punti irrinunciabili di una pastorale voca zionale e di ogni proposta pastorale:
È una via di fatica e di speranza, che va ben oltre la logica della omologazione e del lasciare le cose come sono. Nel suo prezioso e profetico libretto La Parrocchia, don Primo Mazzolari scrive: «Molti temono la discussione. La discussione, nei cuori profondi, anche se vivace e ardita, è sempre una protesta d'amore e un documento di vita. E la Chiesa, oggi, ha bisogno di gente consapevole, penitente e operosa, fatta così».