UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLE VOCAZIONI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Un sogno per vivere e non sopravvivere

Editoriale. Siamo chiamati a vivere nell’ orizzonte di un sogno di Chiesa che sa liberarsi dalla tentazione della sopravvivenza; di annuncio vocazionale vissuto con fiducia e coraggio; di formazione per essere più veri e coerenti; di testimonianza capace di “sporcarsi le mani”...
18 Maggio 2018

Editoriale

«Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati,  agli imperfetti.  Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che com­ prende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà» (Papa Francesco, Firenze  2015).

Siamo  chiamati a vivere nell'oriz­zonte  di  un  sogno... un  sogno   di Chiesa che sa liberarsi  dalla tentazio­ne  della sopravvivenza; un  sogno  di annuncio vocazionale vissuto con fi­ducia e coraggio; un sogno  di forma­zione  per  essere  più veri  e coerenti; un sogno  di testimonianza capace di "sporcarsi le mani" con la vita  e con i problemi  di ogni giorno.

«L'atteggiamento di sopravvivenza ci fa diventare reazionari, paurosi, ci fa rin­chiudere lentamente e  silenziosamente nelle nostre case e nei nostri schemi(.. .); la psicologia  della sopravvivenza toglie forza ai  nostri carismi, privandoli di quella forza creativa che essi inaugurarono (...); e inaridisce il cuore privandolo della capacità di sognare»  (Papa Fran­cesco, omelia,  2 febbraio  2017).

Per vivere  e non sopravvivere c'è bi­ sogno  di ritrovare spazi  di contem­plazione  in  cui  ricaricare  il cuore  imparare a riaffidare le nostre  vite a Colui che ben  conosce la zizza­nia che cresce in noi e può donarci lo sguardo del cuore sapienziale, lo sguardo  di Dio. Una spiga di buon grano conta più di tutta la zizza­ nia del campo; il bene conta  più del male; la luce è sempre  più forte del buio; la spiga di domani  è più importante della zizzania di ieri.

Lo stagno delle ninfee, armonia verde del pittore  francese  Claude  Mo­net  (cfr  cover  di questo   numero), rappresenta quel  sogno  di vita verso la quale siamo  chiamati con forza, con totalità,  con passione. È  una  metafora della  nostra esistenza: nella  superficie di questo specchio  d'acqua dai mille  colori, si intravedono isole di ninfee, le cui corolle  predominano sulle verdi foglie galleggianti.

Monet ci regala  uno  scorcio di natura con una suggestiva ed unica sinfonia di colori, che evoca negli occhi e nel cuore  di chi lo vede  un senso  di quiete  e di riposante contemplazione.

Tornano alla memoria le parole  rivolte  nell'Apocalisse alla  chiesa di Sardi:  «Conosco  le tue opere: ti si crede vivo, e sei morto. Sii vigilante, rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire» (Ap 3,12).

È un appello  caloroso ai cristiani  di quella  città a svegliarsi,  a ritor­ nare  vigilanti,  a rianimarsi così da non  essere intorpiditi quando il Signore verrà.

C'è  ancora  un  seme  vivo e fecondo a Sardi: un  nucleo fedele e ge­neroso di cristiani.  A loro  è indirizzata una  parola  di speranza, che si esprime  nel simbolo  delle vesti candide, segno  di vita, di luce,  di gloria.

E alle vesti bianche è associata  l'iscrizione dei giusti nel "libro della vita",  in  quel  grande  e misterioso codice in  cui Dio segna  tutte le vicende dell'umanità, anche le più segrete e oscure,  ma soprattutto il bene  compiuto dagli uomini e dalle donne di ogni tempo.

Il nostro sogno  è di impegnarci a far crescere il buon grano; di ama­re soprattutto i semi  di vita;  di custodire  con  delicatezza  ogni ger­moglio.  Così anche  le nostre  vite fioriranno nella luce.

«Preferisco essere un sognatore fra i più umili, immaginando quel che av­ verrà, piuttosto che essere signore  fra coloro che non hanno sogni e desideri» (K. Gibran).

2017

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di Nico Dal Molin